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Il bambù, una risorsa rinnovabile per il futuro dell’industria sostenibile

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Il bambù è ormai riconosciuto come primaria risorsa rinnovabile per il futuro dell’industria. Il tema della sostenibilità ambientale sta diventando il vero cardine attorno al quale si dovrà sviluppare una nuova forma di economia, che dovrà necessariamente ridurre in tempi stretti le emissioni di CO2 prodotte dalle attività umane se si vorranno tradurre in azioni concrete gli obiettivi definiti nell’ultima riunione della COP.

Caratteristiche

Le sue proprietà fisiche e meccaniche rappresentano il giusto mix tra leggerezza e resistenza, doti che gli consentono un ruolo di primo piano per applicazioni strutturali in campo industriale. Esistono più di 1600 specie di bambù, e non tutte sono già state documentate. La maggior parte delle persone ritiene che il bambù sia una pianta, ma in realtà è un’erba che appartiene alla famiglia delle Graminacee.

E’ estremamente efficiente nel fissare l’anidride carbonica e contribuisce a ridurre l’effetto serra e il riscaldamento globale del Pianeta assorbendo qualcosa come 50t di CO2 all’anno per ettaro. La sua coltivazione non ha bisogno di pesticidi o prodotti chimici. La sua presenza crea ambienti sani e il suo fitto sistema di radici permette di mantenere compatto il terreno proteggendolo dalle erosioni.

E’ una delle risorse naturali meno utilizzate e più abbondantemente disponibili sul Pianeta, crescendo nelle aree tropicali, sub- tropicali e temperate di tutti i continenti del mondo. Specie native di bambù si possono trovare in Asia e Oceania, seguite da America e Africa, mentre non ve ne sono in Antartide ed Europa, anche se quest’ultima ha un clima favorevole alla sua coltivazione.

Struttura

Il bambù è un materiale composito naturale, e della sezione di un culmo di possono osservare le fibre di rinforzo, che si addensano sulla superficie esterna del culmo stesso, immerse all’interno della matrice costituita prevalentemente da vasi e tessuto parenchimatico. Le fibre sono a loro volta costituite da fibre elementari più piccole unite tra loro attraverso la parete cellulare.

Ciascuna fibra elementare ha una struttura polilamellare, caratterizzata da una parete primaria, una lamella di transizione che non è presente in tutte le specie di bambù, e infine da una parete secondaria, che è composta da lamelle spesse, dove le microfibrille di cellulosa sono quasi completamente allineate all’asse della fibra, e lamelle sottili dove le microfibrille di cellulosa sono quasi completamente trasversali all’asse della fibra.

La sostenibilità non è solamente un tema relativo alla materia prima, ma coinvolge anche il suo processo di conversione. Un vantaggio della conversione di materia prima rinnovabile è dato dalla temperatura del processo, che è notevolmente inferiore rispetto a quello delle materie prime non rinnovabili. Il bambù è altamente resistente agli incendi, molto più di altri materiali legnosi, il tutto grazie sia alla silice contenuta nell’epidermide esterna, che contribuisce a ritardare la combustione, che ai diaframmi interni, che agiscono da barriera anti fuoco.

Impieghi

Ci sono diverse possibilità di impiegare il bambù come materiale da costruzione. Una di queste consiste nell’estrazione della fibra attraverso metodi meccanici, chimici o un mix dei due con ben determinate temperature di processo. L’estrazione della fibra è una fase delicata, con il rischio di danneggiarla e renderla inutilizzabile. I ricercatori hanno fatto notevoli progressi e si è riusciti ad estrarre delle fibre con delle buone proprietà meccaniche, con modulo di Young variabile da circa 20 a 50GPa, resistenza a trazione da 600 a circa 1000MPa e allungamento percentuale a rottura da 1,7 a 6%.

Il tema principale è diventato quello di capire come trasmettere le proprietà meccaniche della fibra al composito. Esistono diversi studi al riguardo, ma indipendentemente dalla matrice utilizzata, termoplastica o termoindurente, ancora si sta lavorando alla definizione di una soluzione efficace, valutando anche un post trattamento delle fibre per migliorarne l’interfaccia con la matrice.

Le fibre di bambù, rispetto ad altre fibre naturali, hanno notevoli vantaggi che gli consentono di poter essere utilizzate come rinforzo nei materiali compositi. La minore percentuale di umidità del bambù gli consente un vantaggio competitivo, minore è il contenuto di umidità relativo e maggiore sarà la stabilità dimensionale e la sua capacità di adesione tra matrice e fibra. Un altro importante vantaggio è dato dall’angolo microfibrillare, che influenza la curva sforzo deformazione. L’angolo microfibirllare del bambù è di circa 10 – 12°, ed è responsabile di una curva sforzo – deformazione lineare fino a rottura. I materiali compositi termoplastici hanno il vantaggio della riciclabilità a fine vita, ma la loro maggiore criticità è la temperatura del processo che limita la scelta della matrice al PP o all’MAPP. Per migliorare l’adesione fibra – matrice si dovrebbero raggiungere temperature più elevate di 200°C ma si andrebbe incontro alla degradazione della fibre. Per questo i ricercatori si stanno muovendo alla ricerca di altre matrici, cercando di realizzare compositi completamente green con matrici biodegradabili.

Un altro possibile campo di applicazione del bambù è quello di semilavorati sotto forma di assi o pannelli, riciclando gran parte della tecnologia della lavorazione del legno, così come il trattamento termico che ne consente un utilizzo outdoor.
Il prodotto che si ottiene è a tutti gli effetti un materiale composito a base di bambù e resina fenolica, con la particolarità che la percentuale di fibre presenti è superiore ai compositi termoplastici o termoindurenti epossidici, con un miglioramento delle proprietà meccaniche e della stabilità dimensionale. Una parte importante del loro processo di produzione avviene con la pressatura a caldo, perché definendone opportunamente i parametri, si riescono ad ottenere dei compositi ad alta densità, fino a 1200kg/m3, ricreando una sorta di solido adatto per scopi strutturali.

Il bambù, grazie alle sue proprietà fisiche e meccaniche, unitamente ai benefici della sua coltivazione sull’ambiente che lo circonda, è il maggior candidato a traghettare la società verso lo sviluppo sostenibile. E’ sempre più al centro dell’interesse del mondo della ricerca, che lo sta studiando per comprenderne meglio la microstruttura e come esaltarne le sue straordinarie proprietà, che gli sono già valse l’appellativo di “oro verde” e “acciaio vegetale”.
La strada della green economy è ancora lunga ma ben tracciata, e c’è da augurarsi che la favola giapponese sul bambù diventi presto realtà, garantendo un futuro prospero per tutti.

Articolo di Stefano Dominoni per Prosperity Bamboo

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